Gengive rosse e sanguinanti?

Il rossore e il sanguinamento delle gengive sono segni di infiammazione dei tessuti di supporto dei denti (detti parodontali). I processi infiammatori che riguardano tali tessuti sono generalmente causati dalla placca. Quest’ultima, un aggregato bianco-giallastro, si accumula sulla superficie dei denti, in corrispondenza del margine gengivale e negli spazi interdentali.

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Come e quando si forma la placca dentale?

Già dopo circa due ore dallo spazzolamento, i denti si ricoprono di una pellicola  formata da uno strato di mucoproteine salivari. Questa viene rapidamente colonizzata dai microorganismi presenti nel cavo orale: gli streptococchi, spirochete, lactobacilli, actinomiceti ecc…

Se la tecnica di igiene orale è scarsa e la placca ristagna sulle superfici dentali e lungo il margine gengivale, cluster di batteri più virulenti completano la colonizzazione dell’aggregato.

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Quali sono gli effetti della presenza di placca?

La placca, essendo formata in prevalenza da batteri, è responsabile della patogenesi delle due malattie più comuni del cavo orale: carie e gengivite/parodontite (parodontopatie).

La carie è la perdita di mineralizzazione dei tessuti duri del dente (smalto e dentina), dovuta alla fermentazione acida di zuccheri da parte dei batteri sopra citati. Tale demineralizzazione provoca una perdita strutturale che si manifesta clinicamente come cavitazione (cratere).

La gengivite indotta da placca è invece l’infiammazione delle gengive in risposta alla presenza di microrganismi lungo il solco gengivale. I segni clinici sono rossore, gonfiore,  sanguinamento (durante lo spazzolamento o spontaneo). Inoltre può manifestarsi con alito cattivo o dolore.

Come si cura?

Dopo aver rimosso la placca con un’igiene professionale e ottimizzato l’efficienza tecnica di spazzolamento (il dentista o il parodontologo sapranno indicare come e che presidi usare!)  l’infiammazione regredisce.

Si consiglia un’igiene professionale e una visita di controllo almeno due volte l’anno.

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Altre cause di gengivite?

Oltre alla gengivite provocata dalla sola presenza di placca, esistono gengiviti causate da fattori sistemici (che interessano cioè l’intero organismo). Un tipico esempio è l’infiammazione delle gengive in gravidanza. Gli sconvolgimenti ormonali (pubertà, mestruazioni, gravidanza) influiscono sul sistema immunitario. Questi comportano un mutamento dei processi infiammatori della gengiva. Inoltre, alcuni farmaci (anti-epilettici, anticoncezionali, bloccanti dei canali del calcio etc) possono essere responsabili di stati ipertrofici (gonfiore) delle gengive .

Cosa succede se non curiamo la gengivite da placca?

Se non si interviene nella cura dell’infiammazione gengivale causata da batteri, si formano delle vere e proprie sacche (tasche parodontali). Questo sono dovute allo scollamento della gengiva dal dente, nelle quali si continuano ad accumularsi placca e tartato.

A questo punto lo stato infiammatorio passa all’osso che sorregge i denti, porzione delle ossa mascellari chiamato osso alveolare, che progressivamente subisce un processo di riassorbimento. In questi casi la gengivite diventa parodontite, più volgarmente conosciuta come piorrea. I segni clinici sono: tasche parodontali, mobilità dentale, sanguinamento gengivale, ascessi e suppurazioni, fino alla perdita di uno o più denti. Le forme cliniche di questa malattia sono molteplici, e molteplici sono dunque le opzioni di trattamento. Quindi in tali casi è fortemente consigliabile rivolgersi a un esperto in parodontologia, che saprà diagnosticare e trattare nello specifico il problema.

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Che complicanze locali e sulla salute generale dell’organismo può avere la parodontite?

Tra le complicanze locali (cioè limitate al cavo orale) più comuni: esposizione della radice dei denti con conseguente ipersensibilità e formazione di carie radicolari,  infezioni acute e croniche, mobilità dei denti, perdita prematura dei denti etc.

Per quanto riguarda invece le relazioni tra malattie parodontali e sistemiche, sappiamo che esiste una forte associazione tra parodontite e diabete, di fatti esiste un consenso secondo il quale il diabete aumenti la prevalenza e la gravità delle malattie parodontali. Inoltre la terapia parodontale non solo determina il miglioramento della situazione orale ma probabilmente, nel soggetto diabetico, contribuisce al raggiungimento di un miglior controllo glicemico.

Un’altra importante associazione è tra parodontite e malattie cardiovascolari, in particolare con le lesioni indotte dall’aterosclerosi.

A questo proposito, citiamo un breve comunicato stampa scritto dal Dr. Gatti e pubblicato dalla SiDP (Società Italiana di Parodontologia) in occasione dello scorso congresso internazionale, il quale chiarisce brevemente l’interazione della parodontite con diabete e malattie cardiovascolari:

“Nel 100% delle placche ateromatose che possono dare origine a infarti e ictus si può riscontrare DNA di batteri tipici della placca dentaria e nel 40% dei casi è possibile rinvenirvi i germi stessi. Chi soffre di parodontite ha un rischio di infarto più alto di quello dei pazienti con un elevato spessore della parete delle carotidi, un fattore di pericolo molto consistente, e se si sono persi denti a causa della parodontite la probabilità di sviluppare aterosclerosi è elevatissima.

In presenza di parodontite infatti i batteri del cavo orale attraverso la circolazione possono raggiungere numerosi organi, innescando pericolose reazioni infiammatorie localizzate, come nel caso dello sviluppo di infezioni polmonari, endocarditi, ascessi, oppure generalizzate come quelle che poi favorisconola comparsa delle malattie cardiovascolari.

L’infiammazione gengivale inoltre triplica anche la probabilità di diabete: l’aumento della produzione di citochine infiammatorie sembra contribuire all’insulino-resistenza, inoltre la parodontite aumenta il rischio di diabete facendo salire l’emoglobina glicata, indice di un peggior controllo glicemico.

In chi ha la parodontite ed è già diabetico o ha già patologie cardiovascolari si è osservato un peggior controllo della glicemia e un maggior rischio di sviluppare complicanze: è perciò molto importante gestire l’infiammazione con un’adegua taterapia parodontale, che è in grado di ridurre i livelli generali di proteina C-reattiva, un marcatore dell’infiammazione e del rischio dinfarto. Migliorare la salute parodontale significa innescare un circolo virtuoso che migliora il benessere generale”.”

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Come affrontare il problema dell’alito cattivo

L’alito cattivo è un fenomeno molto comune, senza distinzioni di sesso o etnia e potrebbe costituire una condizione di disagio sociale e psicologico.

L’alito cattivo, conosciuto anche come bromopnea o foetor ex odoris, si manifesta con l’emissione di odori sgradevoli attraverso la respirazione e la fonazione. Non si tratta di una malattia vera e propria ma di un sintomo, un segnale che nel nostro corpo (in particolare nella nostra bocca) qualcosa non va. La maggior parte delle cause di alitosi può essere ricondotto a disturbi del cavo orale. Stili di vita disordinati, alimentazione scorretta e cattiva igiene orale contribuiscono al palesarsi del problema: quando, infatti, rimangono residui di cibo tra i denti, se è presente placca batterica o tasche parodontali, se la lingua non è stata correttamente spazzolata vi sono molte probabilità che il paziente possa soffrire di alito cattivo.

 

La causa dell’alito cattivo

La causa dell’odore cattivo è la presenza di alcuni batteri che in determinate condizioni producono gas a base di zolfo. Queste determinate condizioni potrebbero essere legate a cause banali e facilmente trattabili, come quelle descritte prima, ma anche alla presenza di infezioni in bocca, a malattie che coinvolgono gengive  e tessuti di sostegno dei denti (parodontite), a infiammazioni dei tessuti dovute al ristagno di placca e alimenti a causa di denti parzialmente erotti, etc etc.

 

E’ fondamentale dunque sottoporsi a una visita diagnostica quando si soffre di alitosi. In generale una corretta igiene orale, una dieta sana, evitare alcool e fumo,  e spazzolare la lingua contribuiscono ad allontanare problemi di alito cattivo.

 

A tua disposizione per una visita senza impegno

L’alitosi può essere efficacemente trattata se la causa viene diagnosticata correttamente, obiettivo che viene perseguito attraverso un esame clinico dettagliato.

Se soffri di questo problema, contattaci.

Siamo a disposizione per valutare insieme il trattamento più adatto alle tue necessità.

Fai sport? Ecco cosa fare in caso di lussazioni o fratture dei denti

Molte persone, soprattutto tra i più giovani, svolgono attività sportive. Anche in queste situazioni i nostri denti devono essere protetti perché possono facilmente essere coinvolti in cadute o fratture. Spesso gli atleti, attenti alla loro salute, sottovalutano invece la protezione dei denti e preferiscono non utilizzare il bite sportivo di protezione.

Vediamo insieme quali sono i rischi più frequenti e come è possibile risolverli in caso di incidente.

Tra gli sport che registrano il maggior numero di traumi dentali ci sono ovviamente quelli di contatto come basket, pallamano, arti marziali, rugby, football americano e hockey ma anche motociclismo, sci alpino, pattinaggio, calcio e ciclismo sono ai vertici degli infortuni dentali. Interventi tempestivi e precisi permettono comunque di limitare i danni. Vediamo cosa fare in queste situazioni.

Tre sono i tipi di danni che possono subire i denti:

1. Frattura. Avviene quando il dente si rompe o se ne stacca un pezzo. Le probabilità di salvare il dente variano molto a seconda della profondità della frattura. In genere è consigliato conservare la parte fratturata preferibilmente nel latte o in acqua e contattare subito il dentista. Se si tratta di una scheggiatura superficiale dello smalto la risoluzione del danno è totale. Se, però, la rottura raggiunge la polpa, il trattamento diventa più complesso e il dente necessita di devitalizzazione. Nel caso, infine, che la frattura colpisca fino alla radice del dente, spesso si è costretti ad estrarlo;

2. Avulsione e quindi perdita completa del dente. In tal caso l’unica soluzione è recarsi immediatamente dall’odontoiatra, il quale provvederà ad introdurlo nell’alveolo e fissarlo temporaneamente. Le probabilità di successo del reimpianto sono proporzionali al tempo trascorso dall’avulsione al reinserimento, minore è il tempo, maggiore sono le possibilità che il dente rimanga vitale;

3. Lussazione e mobilità del dente. Anche in questo caso recarsi dal dentista è l’unica soluzione possibile. Il dentista lo fisserà temporaneamente dopo averlo riposizionato correttamente, la percentuale di mantenimento della vitalità del dente è altissima.

 

Prevenzione dei danni dentali.

Può’ essere utile e importante quindi, durante le attività’ sportive, proteggersi con un paradenti. Esistono diverse tipologie di paradenti e tra questi certamente i piu’ efficaci e comodi sono quelli individualizzati realizzati in modo professionale dall’odontoiatra.

Spazzolino da denti: 10 modi alternativi

Come consigliano tutti i dentisti, lo spazzolino da denti deve essere cambiato ogni 3 mesi. Non buttate lo spazzolino vecchio, potrebbe esservi utile!

Ecco alcuni nuovi modi di utilizzare il tuo vecchio spazzolino da denti.

Caffettiera
Potrete utilizzare per eliminare tutti i residui di caffè.

Tastiera del computer
Perché non utilizzarlo per eliminare polvere e briciole?

Piastra per i capelli
Potrete pulire la vostra piastra da ogni residuo di sporco.

Spazzola
Lo spazzolino da denti grazie alle sue setole la rende come nuova.

Gioielli
Potrete lucidarli e farli risplendere.

Bagno
Grazie alle setole avrete uno strumento perfetto per pulire i rubinetti e le fughe delle piastrelle.

Suola delle scarpe
Molto efficace e veloce.

Basi lavorate dei mobili
Potrete dire addio alla polvere da queste superfici difficili da pulire.

Bicicletta
Elimina il grasso in eccesso dalla catena.

Comandi degli elettrodomestici
Riesce a eliminare lo sporco da tutte le fessure.

Che sapore ha una tazzina di caffè per un fumatore?

Che gusto ha una tazzina di caffè fumante? O una barretta di cioccolato fondente? non chiedetelo ad un fumatore perché probabilmente non saprà rispondere. Tra gli effetti più immediati causati dal fumo infatti c’è sicuramente l’alterazione dei sensi di gusto e olfatto.

In particolare, secondo uno studio recentemente pubblicato su Chemosensory Perception (Springer) e condotto da Nelly Jacob dell’Ospedale Pitié-Salpêtrière APHP in Francia con 451 volontari (fumatori, ex-fumatori e non fumatori) normalmente i fumatori non riescono ad avvertire l’amaro, se è in concentrazioni basse. Di conseguenza, non possono apprezzare appieno il sapore di una tazzina di caffè. Dai risultati è emerso che il fumo non ha avuto influenza sulla capacità di una persona di riconoscere i sapori salati, dolci e acidi ma sul sapore amaro invece sembra aver prodotto conseguenze negative.

Da tempo era noto come le sostanze tossiche presenti nel tabacco e il relativo fumo, causa una perdita del gusto nei soggetti che fumano molto. Sembra che il tutto provochi addirittura dei cambiamenti strutturali nella lingua a livello delle papille fungiformi, in cui si trovano le papille gustative. Secondo il team di ricerca il problema sarebbe dovuto all’accumulo nel corpo di alcuni tipi di tabacco o prodotti della combustione che possono ostacolare la rigenerazione delle papille gustative. Il risultato è la compromissione della capacità del singolo individuo di riconoscere alcuni gusti, anche dopo aver smesso di fumare.

Nella maggior parte dei casi, basta cambiare il proprio stile di vita per migliorare il senso del gusto. Gli ex-fumatori iniziano a recuperarlo già due giorni dopo aver smesso di fumare.